Con l'inizio della scuola primaria si pone per la famiglia il problema dell'inserimento dei gemelli: stessa classe o classi separate?
La tendenza generale è per la separazione ma non ci sono ricerche sufficienti a dimostrarne gli effetti positivi e altrettanto limitati sono gli studi che dimostrano gli effetti negativi sull'apprendimento e sul comportamento del frequentare la stessa classe. In alcuni Stati, come la Svezia, si è affermata la politica dell'inserimento congiunto, negli Stati Uniti, invece, le nuove politiche hanno optato per la flessibilità nella decisione. Da noi l'indicazione implicita, non istituzionale, è per la separazione ma ci sono scuole che dichiarano esplicitamente la loro scelta di assegnazione dei gemelli alla stessa classe. Se i genitori sono confusi, certamente insegnanti, pedagogisti, psicologi e altri specialisti non possono permettersi indicazioni improvvisate. Nella pratica clinica è la raccomandazione per la separazione a prevalere. In questo caso, tuttavia, si parte dalla richiesta della famiglia di un approfondimento neuropsicologico, per le difficoltà di comunicazione, di comportamento o di relazione che un gemello ha – oppure entrambi hanno - manifestato durante la scuola dell'infanzia. Una decisione presa in un contesto clinico non può essere generalizzata e quindi non può valere per tutti i gemelli. Inoltre, ogni indicazione deve tener conto delle caratteristiche individuali di ciascun gemello (individualista, dipendente maturo, simbiotico), con il quale la decisione deve essere discussa. Per avere una guida, possiamo fare riferimento alle linee guida dell'associazione dei gemelli del Regno Unito - Twins & Multiple Births Association, TAMBA - che sono anche prese come riferimento dal sistema sanitario britannico. Le opzioni per l'inserimento dei gemelli sono tre: - iniziano e continuano la scuola nella stessa classe; - iniziano e continuano la scuola in classi diverse; - inziano nella stessa classe e saranno separati in seguito. La TAMBA elenca i seguenti motivi per tenere i gemelli nella stessa classe oppure in classi separate. Motivi per tenere i gemelli nella stessa classe - c'è una sola sezione nella scuola - i gemelli richiedono un sostegno reciproco perché non hanno mai vissuto esperienze separate prima della scuola oppure stanno affrontando un importante cambiamento familiare (perdita, separazione, nascita di altra/o sorella/fratello) - gli insegnanti delle diverse classi seguono metodi molto diversi e percorsi di apprendimento con differenti obbiettivi finali - i gemelli non vogliono essere separati, in tal caso andrà stimolato in classe il lavoro indipendente - i gemelli non hanno manifestato difficoltà durante la scuola dell'infanzia, dove ciascuno ha mostrato iniziativa e adeguate interazioni con i pari Motivi per tenere i gemelli in classi separate - i gemelli vogliono essere separati - uno dei gemelli mostra più spiccate abilità di apprendimento o di interazione sociale - uno dei gemelli tende a distrarre costantemente l'altro - uno dei gemelli pensa di non essere capace - uno dei gemelli è iperprotettivo verso l'altro - la progressione evolutiva di ciascun gemello segue una traiettoria diversa da quella dell'altro - i gemelli formano una combinazione pericolosa che mira a fare scherzi e scambi - uno o entrambi manifestano eccessiva dipendenza, tanto da non relazionarsi con gli altri pari - un'eccessiva competizione fa sì che il principale obiettivo di un gemello sia di stare al passo con o di superare l'altro - uno o entrambi i gemelli tendono a estremizzare le proprie caratteristiche individuali - uno dei gemelli riporta costantemente ai genitori tutto quello che fa l'altro - i gemelli si ripartiscono tra loro le attività da svolgere in modo complementare con effetti negativi sull'apprendimento o sulla socializzazione Aggiungo che può accadere che molti di questi ultimi motivi siano riconosciuti solo dopo il primo anno di scuola primaria. In tal caso, rappresentano ugualmente una raccomandazione per inserire i gemelli in classi separate, a partire dalla seconda, dopo aver approfondito i problemi emergenti e discusso le diverse opzioni e i loro effetti con la famiglia e con ciascun gemello. Infine ecco alcune indicazioni della TAMBA per le/gli insegnanti che hanno gemelli nelle loro classi: • incoraggiare i gemelli a sedersi in posti distanti e diversi durante le varie attività della classe, in modo da favorire l'identificazione ed evitare che ciascuno conti sull'aiuto dell'altro per completare il compito • individuare le differenze tra i gemelli più delle somiglianze, in modo da non confonderli tra loro e permettere agli altri bambini di rivolgersi ad essi come singoli individui • aspettarsi differenze nel rendimento e nel comportamento dei gemelli e non sorprendersi delle somiglianze; se le differenze sono molto marcate è necessario un approfondimento (uno dei gemelli potrebbe presentare un disturbo di apprendimento) • evitare confronti che rivelano scarsa sensibilità come “Sei più – o sei meno – intelligente/bravo/sveglio del tuo gemello”, che fanno precipitare l'autostima. Occorre invece scoprire le preferenze, gli interessi, i giochi individuali, in modo da valorizzare le caratteristiche di ciascuno. Qualche anno fa ho conosciuto due gemelle tanto chiacchierone in casa quanto taciturne fuori casa: addirittura non erano in grado di pronunciare per ore neppure un monosillabo. Tutt'al più riprendevano la consueta loquacità in presenza di un qualsiasi oggetto fungesse da schermo tra il nucleo familiare e il mondo esterno: bastava anche un giornale aperto. I genitori erano molto preoccupati perché l'anno successivo le bambine avrebbero dovuto iniziare la scuola primaria. Il mutismo selettivo è caratterizzato dall'incapacità di parlare in determinate situazioni - tipicamente sociali - che contrasta con la fluidità e la normalità dell'espressione verbale in altre situazioni - tipicamente molto familiari. D'altra parte, la comunicazione non verbale è molto spiccata. Il Quoziente Intellettivo (valutato nei casi più gravi soltanto con le prove visuospaziali, che non richiedono risposte verbali) è generalmente nella norma. Durante la fase diagnostica è importante anche accertare se ci sono disturbi del linguaggio, come i difetti nella pronuncia delle parole oppure altri disturbi dello sviluppo cognitivo. il mutismo selettivo si manifesta durante i primi anni di scuola dell'infanzia e, se non correttamente riconosciuto e affrontato, può permanere anche nell'età adulta. Le cause non sono ancora state individuate ma probabilmente sono coinvolti diversi fattori individuali e ambientali. Hannah ha 26 anni e il mutismo selettivo le è stato diagnosticato quando ne aveva 17: "Non sono io. So chi sono e non sono timida o silenziosa... quando sono con gli altri è come se [il mutismo selettivo] prendesse il sopravvento. Ho le parole in testa ma qualcosa mi impedisce di dirle e quanto più mi sforzo, tanto più forte è la sensazione di fallimento che avverto se non ci riesco". Si tratta di uno degli estratti delle interviste condotte attraverso le comunicazioni scritte con instant messenger di Skype, per lo studio pubblicato da Aaron S. Walker (un ricercatore che ha recuperato l'abilità di parlare in contesti extrafamiliari) e Jane Tobbell nel 2015. Il mutismo selettivo non è quindi da confondere con la timidezza né con il rifiuto di parlare: è caratterizzato dalla persistente incapacità di farlo, nonostante l'intenzione e i tentativi fallimentari. È un disturbo d'ansia e può avere diversi gradi di severità, che condizionano in modi diversi l'apprendimento, la frequenza e il rendimento scolastico, le relazioni sociali e, da adulti, la vita professionale. Chiedere un'informazione per strada può risultare impossibile. Il contesto sociale (fin dalla scuola dell'infanzia) spesso aggrava la situazione e non fa che rafforzare o peggiorare il mutismo, con comportamenti che vanno dalle ripetute sollecitazioni ("dimmi, me lo dici? me lo dici?") alla totale esclusione da alcune attività ("tanto non parla"). Il mutismo selettivo va riconosciuto tempestivamente e affrontato con una serie di interventi individuali (psicoterapia cognitivo-comportamentale), familiari e scolastici. La precocità dell'intervento e la sua multimodalità sono attualmente riconosciuti come i migliori predittori di efficacia. Per diffondere la conoscenza sul mutismo selettivo e fornire sostegno alle famiglie e consulenza agli insegnanti, un gruppo di genitori ha fondato nel 2009 l'A.I.Mu.Se, con referenti in tutte le regioni. Aggiornamento del 3 giugno 2018: è stato appena pubblicato il manuale Mutismo selettivo. Sviluppo, diagnosi e trattamento multisituazionale curato da Giorgio Rezzonico, Emanuela Iacchia e Michele Monticelli. La plusdotazione si riferisce ad abilità superiori alla norma mostrate da un bambino o da un adulto.
Il talento si riferisce all'eccellenza in una particolare abilità, ad es. la musica, la memoria, il disegno. Si tratta in entrambi i casi di doti che emergono precocemente nello sviluppo evolutivo e che spesso sono scambiate per disturbi o problemi. La plusdotazione cognitiva (o alto potenziale cognitivo) è caratterizzata da: intelligenza superiore alla media; abilità scolastiche (ad es., lettura) superiori alla media; elevata motivazione ad apprendere e ad approfondire argomenti specifici; creatività in più aspetti; atteggiamenti direttivi; asincronia tra le abilità cognitive e le abilità emotive. A questi aspetti, tipicamente ne sono associati altri, interpretati spesso in chiave negativa: distraibilità; linguaggio iperfluente; apparente disorganizzazione; necessità di iniziare più attività contemporanee; bassa tolleranza a rimanere su compiti facili o ripetitivi; estrema sensibilità alle critiche; iperattività e ridotto bisogno di dormire. Tanto maggiore è l'asincronia tra abilità cognitive e emotive, tanto più gli aspetti comportamentali critici possono risultare amplificati ed essere segnali di disagio. È così che molti bambini (più che gli adulti) plusdotati vengono segnalati per disturbo da disattenzione con ipertattività, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbi dell'umore. Tali disturbi possono essere comunque presenti, con la stessa probabilità che si osserva nei bambini con intelligenza nella media o inferiore alla media ma è importante che ne sia identificata la natura, tenendo conto di tutto il profilo cognitivo-comportamentale. L'esame del livello intellettivo è cruciale: intervenire sull'iperattività e non sull'asincronia cognitivo-affettiva, aumenterà il disadattamento del bambino plusdotato. L'esame neuropsicologico permette anche di identificare eventuali disturbi di apprendimento (dislessia, disgrafia,...) che pure possono essere presenti nel bambino plusdotato, accentuando l'asincronia tra le varie abilità. Alcuni pregiudizi sulla plusdotazione, che hanno conseguenze molto negative sulla crescita e sull'adattamento sono i seguenti: - il bambino plusdotato si deve adattare a quello che fanno i suoi compagni di classe e i suoi coetanei; - il bambino plusdotato non deve essere sovraccaricato con compiti e attività extra; - il bambino plusdotato non deve essere messo al corrente delle sue abilità eccezionali; - il bambino plusdotato non ha bisogno di essere aiutato. Non è così, il bambino plusdotato ha già una percezione di sé diverso dagli altri ma questa ha spesso una valenza negativa ("ho qualcosa che non va"): renderlo consapevole (e rendere consapevole la famiglia) delle sue doti è il primo passo da compiere. Il secondo passo è quello di attivare tutta una serie di strategie per rendere meno sofferta al bambino plusdotato la permanenza in classe tra i compagni e gli insegnanti. Le strategie educative che si sono dimostrate più efficaci per i bambini plusdotati sono: - l'accelerazione, che prevede il salto di uno o più anni scolastici; - il raggruppamento, che prevede la formazione di piccoli gruppi di bambini di pari abilità selezionati in tutto l'istituto per progetti di didattica differenziata; - l'arricchimento, che prevede la programmazione di approfondimenti e attività diversificate nel contesto scolastico (ad es., schede, altri libri integrativi) ed extrascolastico (ad es., attività creative, laboratori con bambini più grandi,...). La scelta delle strategie più adeguate è individuale e dev'essere formulata in base alle caratterisitiche di ciascun bambino e in relazione ai suoi contesti di vita. L'applicazione delle strategie è invece collettiva e richiede la partecipazione e la collaborazione di tutte le persone coinvolte (genitori, insegnanti, psicologi,...). La distribuzione dei quozienti intellettivi nella popolazione generale (il valore della media è 100): A meno di un anno dalla fine della II Guerra Mondiale, nella settimana compresa tra il 3 e il 9 marzo del 1946, su iniziativa del medico James Douglas che lavorava alla London School of Economics, ebbe inizio il primo studio di coorte di nuovi nati che arruolò 13.687 bambini, corrispondenti al 91% di tutti i nati vivi in quella settimana nel Regno Unito.
Si tratta dello studio longitudinale di coorte più lungo della storia e i soggetti allora reclutati - ora sono oltre 5.300 da poco settantenni - sono i più studiati al mondo. Nato con gli obiettivi di analizzare gli effetti di fattori educativi, economici e sociali sullo sviluppo del bambino, ha modificato nel tempo i suoi scopi, per diventare, attualmente, uno studio sull'invecchiamento. Nel 1958 partì il secondo studio che reclutò 17.415 nuovi nati nel Regno Unito in una settimana di marzo. Come per la precedente coorte, i bambini sono stati seguiti a diversi intervalli e continuano ad esserlo da adulti (nel 2003 in 9000 hanno partecipato a una particolare indagine biomedica). Nel corso degli anni, alle registrazioni di variabili economiche, sociali, educative, sanitarie, si è aggiunta la raccolta di dati cognitivi e genetici. In una settimana di aprile del 1970 iniziò il reclutamento del terzo studio di coorte britannico, al quale ne seguì un quarto nel 1991 e il quinto ha avuto inizio con il nuovo millennio. Sono studi che hanno finora prodotto migliaia di pubblicazioni scientifiche e che hanno dato un apporto fondamentale all'educazione e alla salute pubblica, promuovendo l'accesso ai servizi pubblici gratuiti (ad es. il parto in ospedale). Reclutando i bambini nati in un ristretto periodo di tempo e seguendoli per tanti anni, in molti casi per tutta la vita, queste ricerche forniscono indicazioni uniche sulle traiettorie individuali verso le tappe dell'età adulta e sui fattori di rischio, oltre a riempire pagine di storie di vita, di opportunità e di svantaggi, di benessere e di malattie, di stili di vita che mutano con la società e il contesto storico. Dopo le pionieristiche coorti britanniche, altri studi sono stati intrapresi in tutto il mondo per seguire nel tempo lo sviluppo di grandi gruppi di bambini. Gli studi europei in corso sono elencati nel sito del progetto di coordinamento CHICOS nato per integrare i dati raccolti da diverse coorti, con l'obiettivo unitario di migliorare la salute dei bambini in tutta Europa. Tra questi studi di coorte di nuovi nati c'è Piccolipiù che ha reclutato 3328 neonati in 6 centri nascita delle città di Torino, Trieste, Viareggio, Firenze e Roma. Le madri sono state contattate durante la gravidanza o nel periodo del parto e, in caso di adesione, i neonati sono stati reclutati nello studio che continuerà a raccogliere i loro dati fino al compimento almeno dei 18 anni. Le variabili raccolte con questionari periodici sono biologiche, antropometriche, alimentari, ambientali, cognitive, economiche e sociali. Secondo i dati aggiornati a dicembre 2015 e pubblicati nella Newsletter di gennaio: Tra i 1926 bambini Piccolipiù che hanno compilato il questionario a 2 anni, pochissimi bambini non guardano la televisione (un centinaio circa sia nei giorni festivi che feriali), il 29% circa dei bambini la guarda per meno di un’ora al giorno, e la maggior parte (circa il 56% nei giorni feriali e il 53% nei giorni festivi) la guarda per più di un’ora al giorno. Più del 10% dei bambini guarda la TV per 3-4 ore al giorno e trenta bambini la guardano per più di 4 ore al giorno. Il progetto ha anche lo scopo di fornire indicazioni alle madri e alle famiglie sugli stili di vita, il benessere, il tempo libero e altri importanti temi che riguardano la crescita del bambino. Come scrive Helen Pearson in The Life Project: the extraordinary story of our ordinary lives – che racconta la meravigliosa storia degli studi britannici: Più di ogni altra cosa, gli studi di coorte di nuovi nati hanno dimostrato che i primi anni di vita influenzano profondamente gli anni successivi. Le condizioni dei nostri genitori hanno un impatto a lungo termine su ciascuno di noi e questo è vero sia per i bambini nati nel 2000 che per quelli nati nel 1946. I bambini nelle condizioni economiche migliori tendono a godere di migliore salute, ad avere una più alta istruzione e a raggiungere migliori obiettivi lavorativi ed economici. I bambini che nascono nelle condizioni più svantaggiose tendono a dover lottare di più per ogni risultato. Tuttavia, gli studi di coorte stessi, dimostrano che in alcuni casi queste traiettorie possono mutare. "Il mio bambino non sta attento in classe, l'insegnante dice che ha la testa tra le nuvole, legge molto ma al momento di fare i compiti passa dal quaderno di italiano al libro di storia e poi a quello di scienze. Che disturbo ha?"
Nell'attività clinica capita a volte di ascoltare racconti simili e, dal momento che la particolarità del comportamento del bambino ha un impatto su diversi aspetti della vita quotidiana (scuola, casa), occorre approfondire con un esame neuropsicologico. Le prime preziose informazioni si raccolgono dalla storia individuale e familiare. Il colloquio con il bambino e l'osservazione del suo comportamento aggiungeranno altri dettagli all'indagine. Sarà poi una batteria standardizzata per la misurazione del Quoziente Intellettivo (QI) a completare la raccolta dei dati per l'interpetazione conclusiva. Se il QI sarà superiore a 120, la diagnosi sarà di Intelligenza superiore alla media che, in riferimento alla storia familiare e all'assenza di altri elementi di difficoltà, è la spiegazione del comportamento manifestato dal bambino. In effetti, in termini statisitici, un QI superiore - così come un QI inferiore (<70) rappresenta una deviazione dalla media e ad esso si associa un profilo cognitivo-comportamentale-sociale tipico. Pur nell'ampia variabilità inter-individuale, i bambini superintelligenti tendono a manifestare difficoltà di integrazione in classe, disattenzione e iperattività, scarse relazioni con i coetanei. Avendo un grado di conoscenze generali più elevato rispetto ai bambini della stessa età, un bambino superintelligente può manifestare minore motivazione ad ascoltare informazioni già note, indirizzando altrove la propria curiosità. La sua stessa ricca espressione verbale può non essere condivisa tra i coetanei e indurre un isolamento sociale. Diventa, quindi, necessaria un'identificazione precoce dell'Intelligenza superiore per poter pianificare i percorsi educativi più adeguati e favorire un armonico sviluppo cognitivo, affettivo e sociale. Dal 2010 è nata in Italia l'ASTAP (Associazione Italiana lo Sviluppo del Talento e della Plusdotazione) con l'obiettivo di un "confronto con i progetti ed i percorsi realizzati in Europa e nel resto del mondo per intervenire e favorire lo sviluppo degli studenti plusdotati". Ma attenzione, un bambino superintelligente non è ancora un bambino prodigio. Nel bambino prodigio si ha una dimostrazione ripetuta della sua costante eccellenza in una o più abilità. Tale aspetto era già chiaro ai pionieri degli studi sui bambini plusdotati, come ho raccontato nella storia di B, la prima bambina afroamericana con un'intelligenza eccezionale. Il primo video del canale Prospettive Insolite: conoscere i disturbi neuropsicologici. "Quando il bambino fa qualcosa di positivo |
La Disprassia è la difficoltà a pianificare e coordinare i movimenti degli arti o della bocca. Rende complicati i movimenti bimanuali o attività come andare in bicicletta, vestirsi o pronunciare le parole. |
Diversamente dal disturbo del linguaggio, la disprassia è poco nota e se non riconosciuta può impedire l'attivazione tempestiva dei percorsi riabilititativi ed educativi. Addirittura, può portare alle conseguenze più gravi, descritte nella drammatica storia accaduta ai due neuroscienziati Sabine Kastner e Michael Graziano, che si sono visti cacciare da scuola, negli Stati Uniti, il figlio di 6 anni - An Inconvenient Child -, oltre a ricevere pesanti accuse di abusi.
Nel corso dello sviluppo del bambino ci sono diversi segnali che devono essere considerati: dalla scarsa manipolazione degli oggetti nei primi anni, agli scarabocchi o al rifiuto di fare i puzzle alla scuola dell'infanzia, alla difficoltà a scrivere o alla goffaggine alla scuola primaria, fino alla difficoltà a vestirsi in età adulta.
Per verificare se si tratti di disprassia, nei bambini, così come negli adulti, è importante un esame neuropsicologico, i cui risultati devono essere interpretati in base ad altri approfondimenti neurologici e neuropsichiatrici.
A partire da tali risultati multidisciplinari, verrà definito il percorso riabilitativo.
Per saperne di più, l'Associazione Italiana Disprassia dell'Età Evolutiva, che ha sedi in tutte le regioni, ha pubblicato il libretto informativo: La Disprassia in età evolutiva... questa sconosciuta.
Daniel Radcliffe, con i panni e la bacchetta di Harry Potter, è riuscito a far conoscere e a dimostrare che si possono superare le difficoltà di un disprassico.
Daniel Radcliffe, con i panni e la bacchetta di Harry Potter, è riuscito a far conoscere e a dimostrare che si possono superare le difficoltà di un disprassico.
"Ora sono all'università e questa cosa è iperganza da una parte e impegnativa dall'altra. Ho scelto la facoltà ANTIDISLESSICO per eccellenza. Faccio giurisprudenza. Dico antidislessico non per la credenza di dover imparare tutto a memoria, ma per gli immensi libri! Cavolo che mallopponi!!! [...] Insomma tra mappe, schemi, letture infinite e vari smatti sto andando avanti e anche benino. Certo, purtroppo in Italia l'università è veramente indietro. I professori non ne sanno niente di DSA e talvolta agli esami mi tolgono le mappe perché, secondo loro, copio. Ma sono cambiata e non mi faccio più mettere i piedi in testa o mando avanti gli altri come un tempo. [...] Tutte le volte che prenoto un esme metto nelle note al professore "Gentile Professore, le ricordo che ai sensi della legge 170/2010, poiché io sono in possesso di un CERTIFICATO che attesta la mia dislessia, lei è tenuto a riconoscermi gli strumenti compensativi necessari". Vedessi, a tutti gli esami quando prendono la lista dei candidati e arrivano a me vanno in crisi!" |
La Dislessia si riferisce a una difficoltà selettiva nella lettura, che si manifesta con una lentezza e/o con un'elevato numero di errori caratteristici, quando si leggono diversi tipi di scritti. Fa parte dei disturbi di apprendimento o disturbi delle abilità scolastiche, assieme alla disgrafia, alla disortografia, alla discalculia. Si tratta di disturbi che emergono al momento della scolarizzazione. Tali disturbi si manifestano nell'ambito di un livello cognitivo nella norma.
La caratteristica distintiva della dislessia NON è l'inversione delle lettere. Si tratta di uno dei miti sullo sviluppo del bambino.
La dislessia evolutiva si manifesta in circa il 3-3.5% di bambini e ragazzi in età scolare. Secondo i dati del MIUR del 2013 - per l'anno scolastico 2011/2012 - l'incidenza totale è dell'1.2% nella scuola primaria e secondaria (di I e II grado), ma la percentuale varia da regione a regione e dimostra, in ogni caso, che si tratta di una condizione che da noi è ancora poco diagnosticata.
L'Associazione Italiana Dislessia fornisce informazione, supporto e strumenti ai bambini, ai ragazzi, ai genitori e agli insegnanti su come affrontare i disturbi di apprendimento a scuola e a casa, mentre si fanno i compiti. Un suo progetto rivolto agli insegnanti e attivo dal 1999 ha per titolo 'La scuola fa bene a tutti'.
Come l'istruzione, anche la lettura fa bene a tutti!
Irene scrive: "Stiamo imparando a leggere con le orecchie, dato che per molti libri esistono gli audio e noi adoriamo leggere con le orecchie e non con gli occhi."
La Scuola Superiore dell'Avvocatura di Firenze ha costituito un gruppo di lavoro per approfondire le difficoltà e fornire gli interventi nel percorso universitario degli studenti dislessici iscritti a Giurisprudenza.
Irene è fortunata, studia Giurisprudenza a Firenze, dove la sensibilità di alcune persone fa della Scuola Superiore un esempio da seguire.
La caratteristica distintiva della dislessia NON è l'inversione delle lettere. Si tratta di uno dei miti sullo sviluppo del bambino.
La dislessia evolutiva si manifesta in circa il 3-3.5% di bambini e ragazzi in età scolare. Secondo i dati del MIUR del 2013 - per l'anno scolastico 2011/2012 - l'incidenza totale è dell'1.2% nella scuola primaria e secondaria (di I e II grado), ma la percentuale varia da regione a regione e dimostra, in ogni caso, che si tratta di una condizione che da noi è ancora poco diagnosticata.
L'Associazione Italiana Dislessia fornisce informazione, supporto e strumenti ai bambini, ai ragazzi, ai genitori e agli insegnanti su come affrontare i disturbi di apprendimento a scuola e a casa, mentre si fanno i compiti. Un suo progetto rivolto agli insegnanti e attivo dal 1999 ha per titolo 'La scuola fa bene a tutti'.
Come l'istruzione, anche la lettura fa bene a tutti!
Irene scrive: "Stiamo imparando a leggere con le orecchie, dato che per molti libri esistono gli audio e noi adoriamo leggere con le orecchie e non con gli occhi."
La Scuola Superiore dell'Avvocatura di Firenze ha costituito un gruppo di lavoro per approfondire le difficoltà e fornire gli interventi nel percorso universitario degli studenti dislessici iscritti a Giurisprudenza.
Irene è fortunata, studia Giurisprudenza a Firenze, dove la sensibilità di alcune persone fa della Scuola Superiore un esempio da seguire.

Il libro Devo solo attrezzarmi 2 è il secondo scritto da Vittoria Hayun e Filippo Gerli, con i disegni di Federico Scippa. Irene e Marco i protagonisti, sono ormai cresciuti ma continuano le loro avventure nel mondo, dotati di audiolibri, mappe e tutte le strategie compensative per la dislessia, la disortografia, la discalculia... si sa, i disturbi di apprendimento vengono raramente uno alla volta...
Impaginato con cura per i caratteri - grandi e spaziati, in stampatello maiuscolo e minuscolo - è diretto proprio a condividere con altri ragazzi dislessici gli stessi fallimenti e gli stessi successi ma è piacevole alla lettura per tutti. Nonostante qualche vignetta sembri soffrire qualche taglio.
Il progetto è curato dalla casa editrice Libri Liberi che dal 2000, anche in collaborazione con l'Associazione Italiana Dislessia, ha pubblicato diversi libri dedicati ai disturbi di apprendimento. La sede è presso l'omonima libreria a Firenze, in Via San Gallo, dove ha casa anche Pillole di parole, l'associazione di giovani dislessici, fondata proprio da Vittoria Hayun e Filippo Gerli.
Del primo Devo solo attrezzarmi sono usciti anche alcuni book trailer. Ecco il video del Capitolo 1: il professore di latino.
Per gli specialisti, uno strumento utile alla diagnosi differenziale è il libro di Claudio Vio e Gianluca Lo Presti, Diagnosi dei disturbi evolutivi, Ed. Erickson, uscito lo scorso anno e aggiornato al DSM-5.
Impaginato con cura per i caratteri - grandi e spaziati, in stampatello maiuscolo e minuscolo - è diretto proprio a condividere con altri ragazzi dislessici gli stessi fallimenti e gli stessi successi ma è piacevole alla lettura per tutti. Nonostante qualche vignetta sembri soffrire qualche taglio.
Il progetto è curato dalla casa editrice Libri Liberi che dal 2000, anche in collaborazione con l'Associazione Italiana Dislessia, ha pubblicato diversi libri dedicati ai disturbi di apprendimento. La sede è presso l'omonima libreria a Firenze, in Via San Gallo, dove ha casa anche Pillole di parole, l'associazione di giovani dislessici, fondata proprio da Vittoria Hayun e Filippo Gerli.
Del primo Devo solo attrezzarmi sono usciti anche alcuni book trailer. Ecco il video del Capitolo 1: il professore di latino.
Per gli specialisti, uno strumento utile alla diagnosi differenziale è il libro di Claudio Vio e Gianluca Lo Presti, Diagnosi dei disturbi evolutivi, Ed. Erickson, uscito lo scorso anno e aggiornato al DSM-5.
"RICORDO CHE C'ERA STATO UN MOMENTO DI PURO IMBARAZZO... IO AVEVO SCRITTO PLERIO E INVECE VOLEVO SCRIVERE PLANETARIO E LEI AVEVA LETTO MALE PLENARIO! DOPO UN PO' SIAMO SCOPPIATI A RIDERE E, VISTO CHE ENTRAMBI SAPEVAMO CHE ERA STATO UNO SCHERZETTO DELLA NOSTRA DISLESSIA, NON CI ABBIAMO DATO PIù MOLTO PESO!" |
"L’epilessia è una malattia per modo di dire perché se ce l’hai sei sano come un pesce. Mica te ne devi stare a letto imbacuccato. E non devi neanche mangiare minestrine, minestroni e orrori vari. Assolutamente no. Insomma, fai più o meno la vita che fanno quelli dell’età tua. L’unica differenza è che ti devi ricordare di prendere la medicina tutti i giorni alla stessa ora." |
La Giornata Nazionale per l'epilessia è organizzata ogni anno dalla Lega Italiana Contro l'Epilessia, con l'obiettivo di diffondere la conoscenza su una malattia neurologica che colpisce adulti e bambini.
La manifestazione clinica è rappresentata dalle crisi epilettiche, che sono dovute a improvvise scariche elettriche delle cellule nervose del cervello e possono avere caratteristiche diversissime, dalle brevi 'assenze' alle scosse tonico-cloniche.
L’epilessia in Italia colpisce circa 500.000 persone.
La prevalenza è di 4-8/1000 per anno; l'incidenza è di 24-53/100.000 nuovi casi per anno.
L'incidenza mostra due picchi:
- è più alta nel primo anno di vita (86/100.000);
- aumenta nuovamente nell’età avanzata dopo i 65 aa (180/ 100.000 > 85 anni).
Alcune forme di epilessia guariscono. Molte altre forme sono croniche e richiedono una terapia farmacologica continuativa.
La diagnosi di epilessia deve essere effettuata nei centri specialistici, dotati di equipe multidisciplinari e di strumentazione tecnologica all'avanguardia.
Nei bambini, così come negli adulti, è importante un esame delle funzioni cognitive al momento della diagnosi e ai controlli successivi. L'esame neuropsicologico permette di individuare eventuali difficoltà o debolezze nell'attenzione, nella percezione, nel linguaggio, nella memoria, nel comportamento, che, in alcuni casi, possono manifestarsi anche nei periodi liberi da crisi.
I pregiudizi nei confronti delle persone che soffrono di epilessia sono atroci: evitate, allontanate, guardate con sospetto o portate dall'esorcista. La vita quotidiana è difficile se si è circondati da persone ignoranti ma per l'epilettico diventa impossibile. E questo può accadere nella propria famiglia, oppure, se si è bambini a scuola, in palestra, alle feste di compleanno,.. e se si è adulti al lavoro, nello sport, nelle relazioni.
Per saperne di più Guida alle Epilessie
Il progetto Chi ha paura alzi la mano ideato da Rachele Giacalone e Norina Wendy Di Blasio dal racconto di Loredana D'Alesio:
- il documentario
- il libro
"– Scusi prof, ma prima non le ho detto una cosa importante perché non ne ero ancora sicuro…
– Sarebbe?
– Ecco, a ricreazione mi sono letto e riletto le istruzioni della mia medicina e PROPRIO non c’è scritto che smette di fare effetto se vado in gita di classe.
Silenzio.
Adesso prendo una nota, penso."
– CHI HA PAURA ALZI LA MANO!
La manifestazione clinica è rappresentata dalle crisi epilettiche, che sono dovute a improvvise scariche elettriche delle cellule nervose del cervello e possono avere caratteristiche diversissime, dalle brevi 'assenze' alle scosse tonico-cloniche.
L’epilessia in Italia colpisce circa 500.000 persone.
La prevalenza è di 4-8/1000 per anno; l'incidenza è di 24-53/100.000 nuovi casi per anno.
L'incidenza mostra due picchi:
- è più alta nel primo anno di vita (86/100.000);
- aumenta nuovamente nell’età avanzata dopo i 65 aa (180/ 100.000 > 85 anni).
Alcune forme di epilessia guariscono. Molte altre forme sono croniche e richiedono una terapia farmacologica continuativa.
La diagnosi di epilessia deve essere effettuata nei centri specialistici, dotati di equipe multidisciplinari e di strumentazione tecnologica all'avanguardia.
Nei bambini, così come negli adulti, è importante un esame delle funzioni cognitive al momento della diagnosi e ai controlli successivi. L'esame neuropsicologico permette di individuare eventuali difficoltà o debolezze nell'attenzione, nella percezione, nel linguaggio, nella memoria, nel comportamento, che, in alcuni casi, possono manifestarsi anche nei periodi liberi da crisi.
I pregiudizi nei confronti delle persone che soffrono di epilessia sono atroci: evitate, allontanate, guardate con sospetto o portate dall'esorcista. La vita quotidiana è difficile se si è circondati da persone ignoranti ma per l'epilettico diventa impossibile. E questo può accadere nella propria famiglia, oppure, se si è bambini a scuola, in palestra, alle feste di compleanno,.. e se si è adulti al lavoro, nello sport, nelle relazioni.
Per saperne di più Guida alle Epilessie
Il progetto Chi ha paura alzi la mano ideato da Rachele Giacalone e Norina Wendy Di Blasio dal racconto di Loredana D'Alesio:
- il documentario
- il libro
"– Scusi prof, ma prima non le ho detto una cosa importante perché non ne ero ancora sicuro…
– Sarebbe?
– Ecco, a ricreazione mi sono letto e riletto le istruzioni della mia medicina e PROPRIO non c’è scritto che smette di fare effetto se vado in gita di classe.
Silenzio.
Adesso prendo una nota, penso."
– CHI HA PAURA ALZI LA MANO!
Scopo
Descrizione dei disturbi neuropsicologici e dello sviluppo, con indicazioni pratiche.
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