La Disforia di Genere negli adulti e nei bambini
Il DSM definisce la Disforia di genere come la “marcata incongruenza tra il genere esperito/espresso da un individuo e il genere assegnato, della durata di almeno 6 mesi”, che si manifesta attraverso alcuni criteri codificati e che “è associata a sofferenza clinicamente significativa o a compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre importanti aree”.
Nei bambini, tra i criteri codificati sono inclusi i seguenti:
2. Nei bambini (genere assegnato), una forte preferenza per il travestimento con abbigliamento tipico del genere opposto o per la simulazione dell’abbigliamento femminile; nelle bambine (genere assegnato), una forte preferenza per l’indossare esclusivamente abbigliamento tipicamente maschile e una forte resistenza a indossare abbigliamento tipicamente femminile.
3. Una forte preferenza per i ruoli tipicamente legati al genere opposto nei giochi del “far finta” o di fantasia.
7. Una forte avversione per la propria anatomia sessuale.
8. Un forte desiderio per le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie corrispondenti al genere esperito.
Nella diagnosi di Disforia di genere deve essere specificata l’eventuale presenza di un Disturbo dello Sviluppo Sessuale (li ho descritti in Una selezione di grandi miti sullo sviluppo del bambino. Parte terza).
Allo stato attuale, quello che è certo è che i pediatri e gli specialisti dell’età evolutiva (neuropsichiatri infantili, psicologi) non chiedono informazioni sull’identità di genere di bambini e adolescenti.
Riconoscere la disforia di genere è fondamentale per ridurre la sofferenza dei minori e il disagio delle loro famiglie. Per Petterlini, Polo e Gamba (in Rigobello e Gamba 2016), le conseguenze negative di questo mancato riconoscimento “in età evolutiva, possono essere il rifiuto scolare, lo sviluppo di depressione e/o di ansia, l’abuso di sostanze, la difficoltà a sviluppare e mantenere relazioni, l’isolamento sociale” e i tentativi di suicidio. Le autrici, inoltre, aggiungono che “nel panorama italiano la maggiore difficoltà sembra essere quella di instaurare una rete di supporto che abbracci i diversi ambiti in cui il bambino o l’adolescente vive: la famiglia, la scuola, il settore sportivo, gli amici, i pediatri o i medici di medicina generale”.
Che fare?
Se un bambino mostra le caratteristiche di uno sviluppo atipico dell’identità di genere non è il caso di allarmarsi né di correggerlo.
I bambini si sentono più forti e capaci di difendersi quando sentono che i genitori sono dalla loro parte . E’ importante far sapere a vostro/a figlio/a che l’amate in qualunque modo sia. E’ importante anche che loro sappiano che farete sapere a tutti che siete dalla loro parte.Dobbiamo ancora migliorare la nostra cultura e l’educazione fin dalla scuola dell’infanzia, sgretolare gli stereotipi ma abbiamo in Italia dei professionisti competenti e dei centri specializzati per minori (per ora non in tutte le regioni) che possono fornire le indicazioni opportune.
Sappiamo che la maggior parte dei bambini con organizzazione atipica dell’identità di genere alla pubertà si identificherà con il genere assegnato alla nascita e potrà poi avere un orientamento eterosessuale, omosessuale o bisessuale.
I bambini e gli adolescenti che invece continueranno a manifestare un’identità transgender potranno — assieme alle loro famiglie — intraprendere un percorso di approfondimento medico e psicologico.
L’ONIG (Osservatorio Nazionale dell’Identità di Genere) fornisce anche indicazioni dettagliate ai genitori su Cosa fare se i vostri figli hanno uno sviluppo atipico dell’identità di genere.
In passato si pensava che il comportamento conseguente allo sviluppo atipico dell’identità di genere fosse il segno di una problematica che doveva essere corretta, attualmente è chiaro che questo approccio è sbagliato e che sarebbe pericoloso per la salute mentale di vostro/a figlio/a.
Professionisti competenti nella gestione di altre difficoltà evolutive non sono necessariamente competenti in questo ambito. E’ importante che vi informiate e scegliate in modo consapevole. E’ importante che chiediate ai professionisti, medici e terapeuti che incontrate, cosa pensano dello sviluppo atipico della identità di genere e come pensano di gestirlo. Sarebbe utile conoscere la loro esperienza in questo campo e/o chiedere loro di mettersi in contatto con professionisti esperti dell’ONIG per un confronto, uno scambio di informazioni o una supervisione.
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Il DSM definisce la Disforia di genere come la “marcata incongruenza tra il genere esperito/espresso da un individuo e il genere assegnato, della durata di almeno 6 mesi”, che si manifesta attraverso alcuni criteri codificati e che “è associata a sofferenza clinicamente significativa o a compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre importanti aree”.
Nei bambini, tra i criteri codificati sono inclusi i seguenti:
2. Nei bambini (genere assegnato), una forte preferenza per il travestimento con abbigliamento tipico del genere opposto o per la simulazione dell’abbigliamento femminile; nelle bambine (genere assegnato), una forte preferenza per l’indossare esclusivamente abbigliamento tipicamente maschile e una forte resistenza a indossare abbigliamento tipicamente femminile.
3. Una forte preferenza per i ruoli tipicamente legati al genere opposto nei giochi del “far finta” o di fantasia.
7. Una forte avversione per la propria anatomia sessuale.
8. Un forte desiderio per le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie corrispondenti al genere esperito.
Nella diagnosi di Disforia di genere deve essere specificata l’eventuale presenza di un Disturbo dello Sviluppo Sessuale (li ho descritti in Una selezione di grandi miti sullo sviluppo del bambino. Parte terza).
Allo stato attuale, quello che è certo è che i pediatri e gli specialisti dell’età evolutiva (neuropsichiatri infantili, psicologi) non chiedono informazioni sull’identità di genere di bambini e adolescenti.
Riconoscere la disforia di genere è fondamentale per ridurre la sofferenza dei minori e il disagio delle loro famiglie. Per Petterlini, Polo e Gamba (in Rigobello e Gamba 2016), le conseguenze negative di questo mancato riconoscimento “in età evolutiva, possono essere il rifiuto scolare, lo sviluppo di depressione e/o di ansia, l’abuso di sostanze, la difficoltà a sviluppare e mantenere relazioni, l’isolamento sociale” e i tentativi di suicidio. Le autrici, inoltre, aggiungono che “nel panorama italiano la maggiore difficoltà sembra essere quella di instaurare una rete di supporto che abbracci i diversi ambiti in cui il bambino o l’adolescente vive: la famiglia, la scuola, il settore sportivo, gli amici, i pediatri o i medici di medicina generale”.
Che fare?
Se un bambino mostra le caratteristiche di uno sviluppo atipico dell’identità di genere non è il caso di allarmarsi né di correggerlo.
I bambini si sentono più forti e capaci di difendersi quando sentono che i genitori sono dalla loro parte . E’ importante far sapere a vostro/a figlio/a che l’amate in qualunque modo sia. E’ importante anche che loro sappiano che farete sapere a tutti che siete dalla loro parte.Dobbiamo ancora migliorare la nostra cultura e l’educazione fin dalla scuola dell’infanzia, sgretolare gli stereotipi ma abbiamo in Italia dei professionisti competenti e dei centri specializzati per minori (per ora non in tutte le regioni) che possono fornire le indicazioni opportune.
Sappiamo che la maggior parte dei bambini con organizzazione atipica dell’identità di genere alla pubertà si identificherà con il genere assegnato alla nascita e potrà poi avere un orientamento eterosessuale, omosessuale o bisessuale.
I bambini e gli adolescenti che invece continueranno a manifestare un’identità transgender potranno — assieme alle loro famiglie — intraprendere un percorso di approfondimento medico e psicologico.
L’ONIG (Osservatorio Nazionale dell’Identità di Genere) fornisce anche indicazioni dettagliate ai genitori su Cosa fare se i vostri figli hanno uno sviluppo atipico dell’identità di genere.
In passato si pensava che il comportamento conseguente allo sviluppo atipico dell’identità di genere fosse il segno di una problematica che doveva essere corretta, attualmente è chiaro che questo approccio è sbagliato e che sarebbe pericoloso per la salute mentale di vostro/a figlio/a.
Professionisti competenti nella gestione di altre difficoltà evolutive non sono necessariamente competenti in questo ambito. E’ importante che vi informiate e scegliate in modo consapevole. E’ importante che chiediate ai professionisti, medici e terapeuti che incontrate, cosa pensano dello sviluppo atipico della identità di genere e come pensano di gestirlo. Sarebbe utile conoscere la loro esperienza in questo campo e/o chiedere loro di mettersi in contatto con professionisti esperti dell’ONIG per un confronto, uno scambio di informazioni o una supervisione.
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