Non c'è nessun clamore sui media però riguardo alla notizia di questo studio perché non conferma la narrazione allarmistica dominante. Un qualsiasi moscerino sussurri che social media e smartphone distruggono le generazioni conquista pagine e post e editoriali, nel migliore dei casi viene usato per convalidare un dibattito invocato solo per consolidare la narrazione autoritaria ("vietare!") che sfrutta il tecnodeterminismo. Uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet da Victoria Goodyear e colleghi dell'Università di Birmingham dal titolo School phone policies and their association with mental wellbeing, phone use, and social media use (SMART Schools): a cross-sectional observational study ha confrontato un campione di scuole britanniche che restringono l'uso dei telefoni con un campione di quelle permissive. Un consistente numero di studenti di 30 scuole secondarie (oltre 800 studenti per le restrittive e 400 per le permissive) hanno partecipato allo studio che registrava il tempo trascorso su telefono e social media nei giorni di scuola e nei weekend e diversi aspetti di benessere. I risultati hanno dimostrato che le restrizioni non hanno alcun effetto sul tempo trascorso su telefoni e social media e non hanno benefici sul benessere psicologico. Chi riferiva si usare di più telefoni e social media riferiva anche meno benessere ma questo era indipendente dalle scuole. Tuttavia, questa è tipicamente un'associazione bidirezionale: posso stare di più sul telefono se ho pensieri negativi e non mi sento socialmente inserito. Inoltre, i dati sono autoriferiti e possono quindi contenere sovrastime e sottostime. Si tratta del primo studio che ha cercato di misurare gli effetti delle politiche dei divieti d'uso dei telefoni nelle scuole in un ampio campione di scuole . Per questo motivo dovrebbe avere risalto nel discorso pubblico. A meno che non si voglia continuare a fornire solo le informazioni allarmistiche. Proporre regole per l'uso dei telefoni in classe è un approccio educativo portato avanti da anni e che aiuta a stabilire abitudini funzionali di gestione delle diverse attività. Usare lo slogan del divieto (riflesso trasversale ai partiti politici) è strumentale a una narrazione in cui il legislatore paterno deve intervenire per proteggere i più giovani dall'essere controllati dalla tecnologia cattiva dato che non sono ritenuti capaci di regolarsi.
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Susan Schneider Williams, moglie di Robin Williams, ha pubblicato un articolo - The terrorist inside my husband's brain - su Neurology, la prestigiosa rivista dell'Accademia Americana di Neurologia.
Si tratta di un Editoriale toccante e competente che mi ha colpito per tre aspetti: - l'autrice lancia un appello a tutti e un incitamento alla comunità di ricercatori e lo fa da un'importante rivista scientifica che diventa promotrice di una campagna di sensibilizzazione partita da una caregiver; I know you have accomplished much already in the areas of research and discovery toward cures in brain disease. And I am sure at times the progress has felt painfully slow. Do not give up. - i viaggi alla ricerca di una diagnosi, da uno specialista all'altro e da un centro all'altro, l'affidarsi a vari e infruttuosi tentativi terapeutici rappresentano un'esperienza uguale per tutti quando si è colpiti da una complessa malattia neurologica o psichiatrica; - il nostro sistema sanitario nazionale è stato il primo ad attivare nel 2000, in tutte le regioni, gli ambulatori specialistici per la valutazione delle demenze (UVA). Lo disprezziamo troppo spesso o restiamo indifferenti al continuo taglio di servizi. Dovremmo fare invece in modo che migliori, per continuare a garantire a tutti competenza e interdisciplinarietà: il neurologo, il geriatra, il neuropsicologo, sono alcune delle figure essenziali nella diagnosi e nella cura delle demenze, che possono colpire anche in giovane età. Con cura intendo il complesso di terapia farmacologica, riabilitazione cognitiva, stimolazione sensoriale, interventi psicosociali e assistenza, volti ad alleviare i sintomi. Fosse stato in Italia, Robin Williams avrebbe avuto una diagnosi in tempi più brevi? Credo di sì. Ma questa è una di quelle domande impossibili: la risposta non cambia la realtà, può solo aiutare a vederla da altri punti di vista. Susan Schneider Williams aggiunge consapevolmente un'altra domanda impossibile... continua qui ![]() Si tratta di dieci donne della storia della psicologia e di una delle loro opere, con citazioni di alcuni passaggi e una breve descrizione dell'impatto che ciascuna opera ha avuto sulla ricerca psicologica. Le ho raccolte in un libro in autopubblicazione per Amazon, disponibile su carta e in ebook: Toletta con chimografo: Le Donne della psicologia 1896-1934. Questa storia racconta di dieci donne nate sul finire del 1800, che hanno scritto importanti contributi nell'ambito della psicologia e che presto sono cadute nell'oblio. L'indice delle 10 pioniere e delle loro opere con le rispettive immagini è in questo post: Le Donne della psicologia: il libro. Buona lettura! La storia di Lotje, colpita a 34 anni da un ictus.
Le cure intensive, l'afasia nella produzione con difficoltà a trovare e dire le parole, la riabilitazione neuropsicologica, la stimolazione magnetica transcranica, le crisi epilettiche, la terapia antiepilettica, la logopedia, la sua vita, in un documentario prodotto da David Lynch. Il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=UCNfKHghqNE&feature=youtu.be Alfred Binet ha dato inizio alla misura strutturata dell'intelligenza; ha dato inizio a percorsi educativi speciali per bambini con disabilità; ha scritto di molti temi della psicologia.
In più è stato un mestro dell'horror! Difatti, è stato co-autore, assieme al Principe del Terrore, André de Lorde, di diverse opere teatrali dell'orrore, rappresentate ai primi del '900 a Parigi al Grand Guignol. Tutto ben raccontato (in inglese) da Romeo Vitelli nel post The Horror of Alfred Binet. L'AIDAI Toscana - Associazione Italiana Disturbi Attenzione e Iperattività - bandisce un Concorso fotografico a premi: "Concentrazione sulle nuvole: scatta, racconta e invia la tua attenzione!" per bambini e ragazzi della Toscana, dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria di primo grado.
L'associazione promuove un cambio di direzione dello sguardo: "I bambini e ragazzi sono sempre più abituati a concentrarsi su qualcosa di elettronico (computer, smarthphone, tablet) o cartaceo (libri) che dista poco più di 40 cm dai propri occhi. Proponendo ai ragazzi di osservare il cielo, li invitiamo ad esercitare la messa a fuoco in un ampio campo visivo". Come partecipare? Basta fotografare, raccontare e spedire! Tutte le informazioni sono sul sito http://www.aidaiassociazione.com/ La scadenza è il 29 marzo 2016! |
AutriceOltre a svolgere attività clinica, propongo criticamente alcune notizie che non fanno clamore o ne fanno troppo e ne scrivo. Archivi
Febbraio 2025
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